Mostra Castello di Rapallo – 2015

ANTONIO GORI

La prima particolarità dell’artista è la quasi assoluta assenza di legami con il mondo dell’arte che l’ha preceduta nel senso che si è incamminata lungo un percorso che l’ha portata a delle realizzazioni del tutto personali e completamente svincolate dal passato. Assolutamente impossibile individuare un pittore al quale accostare le opere dell’autrice che seguono un cammino proprio e assolutamente innovativo.

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Osservando le opere di Marina Carboni si notano con immediatezza alcuni elementi che distinguono e rendono assai particolare il lavoro della pittrice e che si possono sintetizzare in unicità, cerchio, visione onirica, armonia ed in ultimo le case.
Innanzi tutto la prima particolarità dell’artista è la quasi assoluta assenza di legami con il mondo dell’arte che l’ha preceduta nel senso che si è incamminata lungo un percorso che l’ha portata a delle realizzazioni del tutto personali e completamente svincolate dal passato. Assolutamente impossibile individuare un pittore al quale accostare le opere dell’autrice che seguono un cammino proprio e assolutamente innovativo, e da qui l’unicità.
E’ per questo che solo con fatica si possono trovare degli agganci storici grazie ai quali è possibile effettuare delle considerazioni.
Partendo da lontano parliamo di Paul Cezanne, pittore impressionista nato nel 1839 e morto nel 1906. Il pittore prediligeva i volumi e non lo spazio tanto da sostenere che tutta la realtà possa essere sempre riconducibile a tre solidi geometrici fondamentali: il cono, il cilindro e la sfera ed inoltre era solito dire che nella pittura ci sono solo due cose l’occhio e il cervello ed entrambe devono aiutarsi tra di loro.
Ed ecco la maturazione di Marina Carboni che innanzi tutto predilige assolutamente lo spazio e non i volumi tanto che le sue figure sono spesso stilizzate proprio per annullare la fisicità dei volumi e dare forza ai colori.
E secondariamente mentre Cezanne usava l’occhio per guardare gli oggetti ed il cervello per trasformarli facendoli uscire dalla realtà spezzando ogni connessione terrestre e portando le figure ad uscire dal reale per trasformarsi in sensazione entrando nell’immateriale, la pittrice fa un percorso esattamente opposto e cioè cerca di rendere l’inconscio reale e comprensibile.
Proseguendo in questo cammino di accostamenti ecco che vengono immediatamente alla memoria altri due nomi fondamentali per la lettura delle opere di Marina Carboni: Edvard Munch nato nel 1863 e morto nel 1944 e Vasilij Kandinsky nato nel 1866 e morto nel 1944.
In alcune opere della pittrice è facilmente distinguibile la crudezza di Edvard Munch, quasi che il senso dell’angoscia esistenziale tipica del maestro sia utile per rappresentare le visioni oniriche tormentate.
Infine parliamo di Kandinsky che scriveva: “Il cerchio, è la forma più modesta, si impone incondizionatamente; è precisa ma inesauribile; è insieme stabile e instabile; sommessa e forte nello stesso tempo.  Associa in una singola forma, e in equilibrio, il concentrico e l’eccentrico”, tanto da diventare l’immagine più chiara per indicare la quarta dimensione.
Questo accostamento ci conduce al secondo elemento della pittura di Marina Carboni cioè il cerchio. A questa figura geometrica si possono dare varie interpretazioni ma la storia dell’arte ci insegna che il cerchio è il simbolo di tutto ciò che è immateriale: il cielo, l’anima, il soprannaturale e per gli alchimisti il cerchio rappresentava l’oro dunque il metallo maggiormente carico di significati metafisici cioè che vanno aldilà della realtà visibile e di ciò che è terreno.
E aiutati dalle intuizioni del grande pittore russo ci rendiamo conto che Marina Carboni usa il cerchio o la sfera come mezzo per allontanarsi dalla realtà e far fluire le immagini del subconscio, a mio avviso il cerchio rappresenta una sorta di porta grazie alla quale la pittrice evoca le immagini oniriche rendendole oggettive e comprensibili allo spettatore.
Passando al terzo punto la pittrice presenta immagini oniriche, visioni dell’inconscio rappresentando le sofferenze o le gioie della vita che trasforma in figure allucinate o simpaticamente gioiose per renderle comprensibili agli altri. Dunque l’artista rende oggettivo il soggettivo mentre i movimenti pittorici che si sono sviluppati a partire dagli Impressionisti hanno sempre cercato di rendere soggettivo l’oggetto. Dunque ciò che avviene nell’arte della pittrice è un movimento che va dall’interiore all’esteriore e non viceversa per questo “lo smarrimento della messa a fuoco retinica corrisponde alla decisiva chiarezza dell’anima” come dice Franco Dioli ed è qui che il colore si fa sostanza per materializzare le visioni oniriche.
Parlando di colore si arriva ad un altro elemento fondamentale l’armonia. Come abbiamo già detto la stilizzazione lineare viene utilizzata per annullare la fisicità dei volumi e di conseguenza per dare forza ai colori che devono diventare  sostanza atta a rappresentare i moti dell’anima. Ma non solo osservando con attenzione le tele si notano utilizzi di materiali diversi oltre ai colori cioè argento ed oro ma tutto nel rispetto di un profondo equilibrio perchè ciò che insegue l’artista non è la prevalenza del singolo colore ma l’armonia che deriva dai loro accostamenti dosati ed equilibrati con estrema attenzione.  E’ importante fare un breve cenno a Giorgio Oikonomoy pittore greco nato ad Atene nel 1957 e attivo in Liguria e nel quale si riscontra in alcuni affreschi la ricerca dell’armonia dei colori.
In conclusione arriviamo alle case. Nell’ispirazione onirica dell’artista c’è uno strano e singolare intento nell’umanizzare le case nelle quali vengono rappresentate le finestre come occhi e le porte come bocche spalancate. Una sua opera che si intitola Dalla casa all’uomo del 2009 ci mostra pienamente questo intento la casa che assume una forma umana. Se si parte dal presupposto che i muri conservano l’energia di chi è vissuto al loro interno, probabilmente la sensibilità del subconscio artistico avverte talmente questa presenza tanto da tendere ad umanizzarla.
Nel percorso della Mostra si possono segnalare tre opere significative e spettacolari, il richiamo al Gesù di Salvator Dalì, una rappresentazione della Gioconda di Leonardo Da Vinci ed infine una Crocifissione dove si evidenzia la grande abilità figurativa della pittrice con la rappresentazione sulla tela di un braccio con l’avambraccio tesi a consolare Nostra Signora, dunque la parte umana protesa verso il basso, la terra, mentre tutto il resto ormai trasfigurato, basti pensare ai bracci della Croce simili quasi a “nastri”, entra nella sfera dell’immateriale e di ciò che è spirituale.

Antonio Gori

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